venerdì 28 ottobre 2016

IGGY & THE STOOGES - RAW POWER


L'altro giorno stavo camminando per le vie del centro storico di Firenze e quando sono arrivato in Piazza della Repubblica la mia mente non ha potuto fare a meno di pensare a quando vidi, proprio lì, gli Stooges live. Era il 27 Settembre del 2012 e fu un'esperienza più unica che rara, considerato che il concerto era pure ad ingresso gratuito. Comunque, quando penso ai The Stooges non posso che collegarli al loro disco che apprezzo di più.

Il terzo album della band di Iggy Pop, uscito nel 1973, è probabilmente ciò che di più grezzo si sia mai sentito nei primi anni Settanta: Raw Power (titolo decisamente azzeccato) è un disco di puro e selvaggio rock. Non che il precedente Fun House non lo fosse, però in questo lavoro le canzoni sono più dirette e meno acide (infatti non c'è il tocco jazz del sassofonista Steve MacKay) anche se non mancano ballate dal sapore blues ("I Need Somebody"). L'album rappresenta non solo il ritorno sulla scena della band, che si era sciolta nel 1970 a seguito di innumerevoli abusi di droga, ma fu anche il primo episodio discografico frutto di quella che diverrà una lunga collaborazione/amicizia tra Iggy Pop e David Bowie.

L'aspetto negativo del disco riguarda il mixaggio. Ufficialmente ne sono uscite due versioni. Quella originale del '73 fu realizzata dallo stesso Bowie che rese l'album un pò troppo piatto ed 'edulcorato', penalizzandone l'impatto sonoro. Nel 1997 fu realizzata una nuova versione, remixata dallo stesso Pop, che risultò troppo confusionaria e grezza, ai limiti della cacofonia.

Raw Power è quindi un disco ruvido, che anticipa il punk (non a caso è stato l'album preferito di Kurt Cobain), e che sancisce la fine della fase storica dei The Stooges, che si scioglieranno nuovamente l'anno successivo alla sua uscita.

"Honey gotta help me please
Somebody gotta save my soul!"

Tracce consigliate: Search And Destroy, Your Pretty Face Is Going To Hell, Raw Power.


lunedì 17 ottobre 2016

ELEZIONI STATI UNITI 2016: UN'OCCASIONE PERSA


Sono strani gli americani. Nel giro di dieci anni sono passati dal rieleggere uno dei loro peggiori presidenti di sempre (George W. Bush) al rieleggerne uno dei migliori (Obama). Non c'è quindi da stupirsi di niente, nemmeno di una campagna elettorale decisamente strana come quella di quest'anno.

Al di là di questa breve considerazione, le elezioni del 2016 verranno ricordate come la più grande occasione persa per entrambi gli schieramenti nella storia recente della politica americana.

Partiamo dai repubblicani. Per me sulla carta erano i favoriti. Gli attentati dell'Isis e la strage di San Bernardino del 2015 sono stati eventi che hanno favorito la paura e l'incertezza negli americani, avvantaggiando i conservatori. Aggiungiamoci l'innato patriottismo e il disprezzo per le minoranze ormai radicato nell'americano medio e la diffidenza verso le politiche di Obama (troppo 'liberal' all'interno e troppo debole all'esterno). Consideriamo anche, fatto per niente trascurabile, che il trend degli ultimi venticinque anni è stato all'insegna dell'alternanza tra i due partiti (Bush / Clinton / Bush Jr / Obama). E se poi i democratici candidano un personaggio antipatico come la Clinton, il gioco sarebbe fatto.

Come complicare le cose? Facendo sì che un candidato outsider come Donald Trump potesse vincere le primarie. Un personaggio controverso che non solo non piace all'opinione pubblica ma nemmeno alla parte 'moderata' (le virgolette sono d'obbligo) dello stesso elettorato repubblicano. Ma oltre a questo, Trump non era il candidato ideale anche per via dei suoi numerosi scheletri nell'armadio, e infatti ultimamente i media americani stanno andando a nozze con le sue vicende del passato (prima l'evasione delle tasse poi le sue presunte molestie sessuali). Non era meglio 'giocare sporco' durante le primarie per evitare situazioni imbarazzanti a poche settimane dal voto?

E ora i democratici. Con i suoi pro e contro, l'esperienza di Obama si può considerare generalmente positiva, soprattutto grazie ad una politica interna progressista come mai prima, i cui punti fondamentali sono stati la riforma della sanità e l'apertura verso le unioni gay. Senza contare che Obama probabilmente verrà ricordato come il presidente che ha portato gli Stati Uniti fuori dalla crisi economica. Se poi ci mettiamo che dall'altra parte c'è uno personaggio estremo come Trump, la vittoria potrebbe sembrare a portata di mano.

Come complicare le cose? Spingendo la candidatura di Hillary Clinton, talmente antipatica agli americani da lasciare in secondo piano il fatto che possa diventare la prima presidentessa della storia degli Stati Uniti. Un candidato che, oltre a rappresentare la vecchia politica, non sembra avere la spinta progressista propria di un outsider quale era Obama nel 2008. E poi... Il caso Lewinsky è una macchia indelebile since 1998.

E perchè si sfidano proprio loro due? Da una parte la Clinton è stata decisamente spinta dal suo partito per raggiungere quella vittoria che gli era sfuggita nelle primarie contro Obama. Doveva andare così insomma, anche se Bernie Sanders secondo me aveva un potenziale maggiore: outsider, progressista vero e ben visto dall'elettorato giovane. Dall'altra parte Trump ha vinto non perchè spinto dal suo partito ma perchè aveva qualcosa che gli altri candidati non possedevano: il carisma sì, ma anche e soprattutto il fatto di essere un candidato al di fuori dal sistema politico tradizionale. E noi italiani sappiamo bene che cosa vuol dire. Ai repubblicani è mancato un vero candidato interno, palesando una crisi di leadership che dura ormai da anni.

Il risultato di tutto ciò è che molti elettori, ora più che mai, si troveranno a votare il "male minore". Votare un candidato poco convincente ma che si conosce o fare un salto nel buio? Si vedrà l'8 Novembre.

giovedì 6 ottobre 2016

NARCOS - 2ª STAGIONE


E dopo quella di Gomorra è arrivata anche la seconda stagione di Narcos, la sorprendente serie tv di Netflix incentrata sulla figura del più grande narcotrafficante della storia, Pablo Emilio Escobar Gaviria.

Intanto c'è da dire che questo secondo capitolo non è altro che il naturale proseguimento del primo, visto che non ci sono sostanziali differenze tra i due e che, anzi, sembrano far parte di un unico blocco continuo. Di conseguenza i punti forti della serie sono rimasti gli stessi che hanno fatto la fortuna della prima stagione: i dialoghi in spagnolo non doppiati (ricordo che Wagner Moura, essendo brasiliano, non è madrelingua spagnolo), l'inserimento di immagini d'archivio autentiche e una fotografia pulita e curata.

Per quanto riguarda la storia, ammetto che non sia facile giudicare una serie dai connotati biografici nella quale inevitabilmente manca un pò l'effetto sorpresa, visto che si basa su fatti realmente accaduti. E' anche vero che l'intreccio tra realtà e fiction spesso sia labile, quindi è meglio fare una analisi su ciò che la serie vuole comunicare piuttosto che attenersi alla sequenza dei fatti. Narcos, come altre serie del filone "gangster/poliziesco", vuole mostrarci 'come funziona' in un paese dove regna l'illegalità, nel quale i 'buoni' si alleano con i 'cattivi' pur di raggiungere un obiettivo comune, nel quale non esistono valori genuini ma solo sete di soldi, nel quale un uomo può diventare uno dei più ricchi al mondo ma può anche perdere tutto in poco tempo. E' questa l'ottica con la quale è stata concepita questa serie, non ponendosi l'obiettivo di essere un mero documentario, e l'avvertenza prima di ogni puntata ne è la dimostrazione.


Ma tornando alla storia, se la prima stagione ha seguito le tappe dell'ascesa al potere di Pablo Escobar, un uomo tanto temuto dalle autorità quanto amato dalla gente del suo paese, la seconda stagione invece ne racconta l'inesorabile declino fino alla morte avvenuta il 2 Dicembre del 1993. Il declino non solo del 'Patron' (come lo chiamano i suoi sicari) ma in generale dell'uomo Escobar, in continua fuga, sempre più odiato, ormai solo e logorato nel fisico. Ed è proprio questa la novità di Narcos2: la focalizzazione sull'uomo. Essendoci un pò meno azione, è stato dedicato più spazio al lato psicologico di Escobar, facendo emergere le sue paure e fragilità, fino ad arrivare alla sua vita privata e al suo rapporto stretto con la famiglia.

Infine, piccola parentesi su due personaggi secondo me importanti all'interno della stagione. Il primo è il padre di Escobar, che compare solamente in due puntate ma che in un certo senso sancisce la fine 'morale' di Pablo. Il secondo è Limòn, un tassista dall'animo buono che viene risucchiato dal vortice del 'giro' criminale, perdendo tutto pur di rimanere al fianco di Escobar fino alla fine.

Purtroppo le recenti dichiarazioni di Sebastian Marroquin, il figlio di Escobar, sui presunti errori storici sparsi qua e là nella serie (ne individua ben ventotto) fanno un pò pensare, però nel suo genere Narcos si conferma una buona serie che merita di essere vista.

Ma la domanda adesso è una: la terza stagione riuscirà a mantenersi su questi livelli anche senza Pablo Escobar?